giovedì 29 dicembre 2011

La spugna più grande del mondo


Trovati nelle acque del Pacifico due esemplari, vivi e in perfetta salute, della coppa di Nettuno, una spugna del diametro di oltre un metro ritenuta estinta.
Si chiama “coppa di Nettuno” (Cliona patera) ed è una spugna a forma di calice così grande da poter essere utilizzata come vasca da bagno.
Scoperta per la prima volta nel 1822 nelle acque del Pacifico, questo creatura è stato oggetto di una pesca indiscriminata che l'ha portata nei bagni della bella società dell'800 ma anche all'estinzione. L'ultimo esemplare vivo è stato infatti avvistato nel 1908.


Ma lo scorso marzo due biologi, durante un'immersione di routine al largo delle coste di Singapore, ne hanno trovati due esemplari o poche decine di metri uno dall'altro. La scoperta è stata confermata da Lim Swee Cheng, biologo dell'università di Singapore ed esperto di spugne. Si tratta di due spugne molto giovani, del diametro di circa 30 centimetri: pochi se paragonati al metro abbondante degli esemplari adulti.
La scoperta permetterà agli scienziati di studiare per la prima volta queste spugne, di seguirne il percorso di crescita, ma soprattutto di mettere a punto una strategia per la loro conservazione.


Fonte: www.mondomarino.net e www.focus.it

giovedì 8 dicembre 2011

Il Progetto Arion a difesa dei delfini


Un sistema di monitoraggio, nell'area marina protetta di Portofino, e l'elaborazione di un protocollo di comportamenti da seguire in presenza di tursiopi.

Questi, in sintesi, i punti principali del Progetto Arion per la conservazione del delfino costiero.

''Si tratta di un progetto rivolto alla protezione dei tursiopi, che soffrono particolarmente la presenza di imbarcazioni nel loro habitat naturale - ha sottolineato Mauro Gino Taiuti, dell'Università di Genova - per monitorarne la presenza e offrire un'educazione ai fruitori delle aree marine dove sono presenti. In pratica, attraverso idrofoni subacquei potremo ascoltare la presenza dei delfini e attivare un sistema automatico per individuarne la posizione da comunicare, in tempo reale, attraverso messaggistica, schermi posizionati nei porticcioli turistici, un portale web dedicato''.

Un impegno importante per la direzione marittima di Genova, che già collabora con gli istituti di ricerca per fornire i dati relativi allo spiaggiamento di delfini, cetacei e tartarughe. ''Questo è un impegno diverso - ha sottolineato l'ammiraglio Felicio Angrisano, direttore marittimo della Liguria - teso a creare una coscienza ancora più attiva per la convivenza tra la vita del delfino e l'attività diportistica e commerciale. Dal punto di vista operativo - ha sottolineato Angrisano - avremo in dotazione un battello, acquistato in concorso con università, Unione europea e comando generale, che avra' il compito di vigilare, in maniera discreta, perchè le limitazioni non siano solo atti di imperio ma frutto della coscienza di condivisione del mare dei diportisti''.

sabato 12 novembre 2011

Mediterraneo: un mare di scoperte!


Novità nel campo della biologia marina: a Capo San Vito, lungo la costa occidentale della Sicilia è stata scoperta una sorprendente specie di corallo che si illumina al tocco. Il nome scientifico è Savalia lucifica, e sino ad ora era stata rinvenuta nell’Oceano Pacifico a circa 700 metri di profondità. La scoperta in Sicilia è invece avvenuta a 270 metri di profondità. La rarissima specie fa parte del gruppo degli zoantidei e non era mai stata segnalata prima nel Mar Mediterraneo. La scoperta è stata effettuata da ricercatori dell’Ispra e da una rete di università italiane.
L’Ispra, che si è avvalso dei finanziamenti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha usato in questa ricerca un robot molto raro che è specializzato nella riceca di specie marine. La ricerca finalizzata a trovare specie marine che vivono nel mare attorno all’arcipelago delle Egadi si è conclusa con questa scoperta davvero sensazionale.

L’ISPRA ha pubblicato un video della specie dove è possibile vedere le soprendenti proprietà di questo corallo portato fuori dall’acqua.

Cliccate qui per vedere il video  SAVALIA LUCIFICA

Pubblico il video per "cronaca" anche se ritengo che avrebbero potuto prelevare un campione più piccolo!


Fonte: www.mondomarino.net e il sostenibile

martedì 11 ottobre 2011

Avvistamenti di balene


 Tre balenottere comuni, un piccolo e due adulti, hanno fatto visita oggi al porto di Savona. I tre cetacei sono stati avvistati nelle acque profonde del porto, tra le gru e le navi in banchina. I due adulti misuravano una quindicina di metri. I primi a vederli sono stati alcuni ormeggiatori e piloti portuali, che hanno avvisato la Capitaneria di Porto. I tre animali sono stati successivamente scortati al largo dagli uomini della Capitaneria e da un barca di ormeggiatori. L'ingresso in porto di balenottere - hanno detto al Porto di Savona - è un fatto insolito, ma non rarissimo.

L'altro avvistamento... dall'altra parte del mondo.

 E' passata anche quest'anno al largo della costa orientale dell'Australia, per la gioia degli appassionati di whale watching, la più famosa balena bianca al mondo, di nome Migaloo. Ancora più entusiasmo ha suscitato l'avvistamento pochi giorni dopo più a sud, proprio davanti alla popolare spiaggia di Bondi a Sydney, una seconda, più giovane balena bianca, probabilmente un suo 'cucciolo'.

Migaloo 'senior', un maschio di megattera lungo circa 13 metri, fu avvistato la prima volta nel 1991 quando aveva fra 3 e 5 anni, e poi decine di volte nella migrazione annuale della sua specie, dalle acque antartiche ai mari tropicali a nord, dove le femmine partoriscono, per poi tornare verso sud in primavera.

Giovedì scorso è stato visto a Byron Bay, 800 chilometri a nord di Sydney, e mentre il resto del branco continuava il viaggio, si è attardato intrattenendo il suo 'pubblico' sulla spiaggia e sulle barche. Il colore bianco deriva da una carenza di melanina ed è un tratto genetico che si verifica raramente e Migaloo (nome aborigeno per 'uomo bianco') era finora ritenuto l'unico esemplare albino di questa specie al mondo. Ieri però è stato avvistato il giocoso cucciolo fra i due e i quattro mesi di età, che è passato al largo di Sydney accanto alla madre esibendosi anche lui con salti e tuffi davanti alle macchine fotografiche. 


Fonte: www.ansa.it

mercoledì 21 settembre 2011

Liberate 2 tartarughe nelle Bocche di Bonifacio


Ancora buone notizie dal Mediterraneo!
Nelle Bocche di Bonifacio sono state liberate, dopo le opportune cure, due tartarughe marine Caretta caretta, Francoise e Corse, recuperate ferite fra la Sardegna e la Corsica.
Francoise, questo il nome della prima piccola caretta, si era spiaggiata a Bastia con un arto amputato probabilmente in seguito ad intrappolamento in groviglio di lenze. E' stata ospedalizzata al Centro dell'Asinara dove è stata riscontrata una grave anemia e ipoproteinemia.
Grazie alle terapie mediche la testuggine è clinicamente guarita. Corse è, invece, una caretta caretta di 42 kg di peso proveniente dalla Corsica recuperata a fine giugno dallo staff Cts del Centro recupero animali marini del Parco dell'Asinara dopo essere stata notata in difficoltà nelle acque delle Bocche di Bonifacio (al largo dell'Isola dell'Asinara) da un peschereccio.
Grazie alle cure sanitarie la tartaruga nei giorni seguenti ha iniziato ad eliminare pezzi di plastica che avevano determinato una costipazione alimentare. Infine un'altra careta, Nicolaa, è stata operata per la rimozione di un amo. Attualmente ha ripreso ad alimentarsi spontaneamente ma ancora non è pronta per riprendere il mare.
 
Fonte: www.ansa.it

lunedì 29 agosto 2011

Mante in Mediterraneo


Un banco di mante (Mobula mobular) è stato avvistato il 23 agosto dai responsabili del Centro Immersioni Costa Viola di Palmi (RC).


Il banco, composto da una decina di mante, è stato segnalato già da quattro giorni, ma soltanto ieri istruttori e subacquei del Centro sono riusciti a nuotare con i mastodontici animali riprendendoli con una telecamera subacquea.
La loro presenza nel mare di Palmi potrebbe essere dovuta alla presenza in questi giorni di una forte corrente fredda ricca di plancton che proviene dallo Stretto di Messina.

Fonte: www.subaqva.it

sabato 6 agosto 2011

Balenottera comune avvistata nel Cilento


Una balena è stata avvistata e fotografata nel mare di Agropoli (Salerno). L'avvistamento risale al 28 luglio. Ad accorgersi del cetaceo é stato il responsabile di un Diving center, che ha anche avuto il tempo di scattare delle foto. La balena, della lunghezza di circa 10 metri, appartiene alla specie della Balenottera comune, ed è stata avvistata a poche decine di metri dalla costa del Sauco, nei pressi del Vallone, una delle località marine più belle e incontaminate del Cilento.

"E' la prima volta che mi capita una cosa del genere - ha raccontato Alessandro Picariello, responsabile del Centro immersioni - dopo aver individuato la balena, l'abbiamo seguita per un pò con la nostra imbarcazione. Era enorme, lunga almeno quanto la nostra barca, cioè una decina di metri".

"Da un pò di anni ci sono avvistamenti di balene - afferma Gianfranco Pollaro, responsabile del Centro Studi Ecosistemi Marini della Campania - le balene sono solite ricoprire una rotta da Capri verso Palinuro, e il fondale del mare di Agropoli è tra i preferiti dei cetacei, forse per la conformazione, ma anche per la presenza di fauna di cui sono ghiotti". La balena comune è la specie di balena più grande del mondo, seconda solo alla balenottera azzurra.

venerdì 29 luglio 2011

Quando lo squalo bianco salta in barca...


È successo in Sudafrica a un gruppo di ricercatori della Oceans Research: uno squalo lungo tre metri è balzato sullo scafo, senza fare vittime ma rimanendo intrappolato. Il fotoracconto del suo salvataggio e del coraggio di due biologi che hanno spinto con le mani il gigantesco predatore A Mossel Bay.

Vicino Città del Capo in Sudafrica, un gruppo di ricercatori la scorsa settimana era impegnato in un'attività di routine: identificare gli squali presenti nella zona, attirandoli con esche e fotografando le loro pinne, che sono l'equivalente delle impronte digitali per gli esseri umani.

"Il nostro team aveva già identificato quattro squali, tra cui Pasella, una vecchia conoscenza, e da alcuni minuti l'attività era ferma. All'improvviso un gran frastuono: uno squalo bianco di circa tre metri e pesante mezza tonnellata con un balzo è saltato lateralmente rispetto alla barca piombando a poppa, sfiorando una paio di persone", racconta Enrico Gennari, biologo italiano raggiunto telefonicamente, e direttore di Oceans Research, un istituto indipendente che svolge ricerche sugli squali e che collabora con università e centri studi (in passato ha collaborato anche alla realizzazione di documentari per National Geographic).

"Dibattendosi lo squalo è rimasto bloccato a poppa, distruggendo varie apparecchiature. La ricercatrice Dorien Schroder dopo aver messo in salvo i sei membri dell'equipaggio, tra cui tirocinanti e biologi in visita, ci ha chiamato", continua Gennari.
"Io e Ryan Johnson ci siamo precipitati. Abbiamo subito gettato acqua sulle branchie dello squalo per tenerlo in vita. Non pensavamo fosse così grande e quindi non disponevamo di strumentazione particolare. I primi tentativi di rimetterlo in acqua con delle corde sono falliti".


venerdì 22 luglio 2011

L'impronta digitale dello squalo balena


Un progetto di scienza partecipata coinvolge gli appassionati subacquei nello studio della biologia degli squali balena. Per costruire l’anagrafe di questi animali i ricercatori utilizzano un metodo nato per studiare le stelle.
A partecipare a Ecocean, questo il nome del progetto, è chiamato chiunque voglia provare a fotografare o filmare questi animali, le cui immagini possono essere caricate su un sito e messe a disposizione degli studiosi. Un bell’esempio di quella che viene chiamata “citizen science”, la scienza partecipata che prevede l’intervento dei singoli (cittadini appunto) nel processo di costruzione della scienza, ad esempio raccogliendo dati utili alla ricerca.



Ecocean è nato grazie all’intuizione di Jason Holmberg, un insegnante inglese che dopo aver visto il suo primo squalo balena durante un’escursione subacquea, si è appassionato a questi animali, tanto da decidere di accompagnare un gruppo di ricercatori in una spedizione dedicata proprio allo studio di Ryncodon typus. Fino ad oggi per studiare questi animali si sono utilizzati sistemi tradizionali, come l’applicazione di targhette di plastica per riconoscerli a distanza di anni. È un metodo classico della ricerca in biologia che serve a capire come si muovono e come crescono gli animali. Non è semplice però da realizzare, bisogna catturare lo squalo e basta che perda la sua targhetta, cosa che avviene abbastanza di frequente, per veder sparire l’oggetto della propria ricerca.


Il fatto che questi animali avessero macchie diverse ognuno dagli altri ha fatto nascere l’idea di usare questa particolarità per riconoscerli: grazie al coinvolgimento di altri ricercatori l’idea è stata portata avanti con successivi aggiustamenti fino ad arrivare all’attuale sistema. Si tratta di un programma sviluppato dagli astronomi Zaven Arzoumanian e Ed Groth della Princetton University che utilizza un algoritmo creato originariamente per studiare le fotografie del cielo stellato, comparando la disposizione delle stelle. Adoperato inizialmente dagli astrofisici per studiare le immagini del telescopio Hubble, il sistema è stato poi adattato dal gruppo di Holmberg per riconoscere la disposizione delle macchie degli squali e poterle riconoscere in immagini diverse.

Questo metodo offre nuove opportunità agli studiosi: gli squali balena sono animali migratori che si muovono su lunghe distanze, poterli riconoscere a distanza di anni in luoghi molto diversi consente di saperne molto di più e con minor dispendio di energie e fondi. Il contributo degli appassionati subacquei poi aumenta notevolmente la quantità di dati disponibili.


Fonte: http://oggiscienza.wordpress.com

martedì 5 luglio 2011

I mangiatori di plastica


Negli stomaci dei pesci del Nord del Pacifico ogni anno si accumulano fino a 24mila tonnellate di plastica. Lo ha scoperto una spedizione dell'Istituto californiano Scripps di Oceanografia, che ha analizzato diverse specie che vivono nella North Pacific Subtropical Gyre, la corrente che contiene la famosa ''isola di plastica''.
La spedizione, i cui risultati sono pubblicati dalla rivista Marine Ecology Progress Series, ha analizzato residui plastici, pesci e campioni d'acqua in 132 'stazioni' durante un viaggio di 2.375 chilometri nell'oceano. In 130 di queste sono stati trovati residui di plastica, spesso non più grandi di un'unghia umana, mentre il 9,2% dei 147 campioni di pesci sezionati avevano questo inquinante nello stomaco, il che ha portato a una stima totale fino a 24mila tonnellate di plastica mangiata ogni anno: ''la percentuale probabilmente è sottostimata - spiegano gli autori - perchè la plastica può essere rigurgitata o espulsa e molti pesci possono morire per l'ingestione''. Il numero è comunque molto alto: ''i più colpiti sembrano essere i 'pesci lanterna', che vivono tra 200 e 1000 metri di profondità di giorno e salgono in superficie di notte - continua l'articolo - che sono molto importanti perchè connettono il plancton con gli anelli superiori della catena alimentare''.

sabato 11 giugno 2011

La settimana delle tartarughe


Dal 14 al 19 giugno il Wwf lancia settimana delle tartarughe, la 'turtle-week', in cui si celebrerà uno degli animali simbolo dei nostri mari in occasione della Giornata mondiale degli oceani che si è tenuta l'8 Giugno.
Nei porti e sulle spiagge italiane saranno organizzate iniziative speciali, allestite mostre e laboratori, liberati in mare degli esemplari curati nei centri di recupero, e sarà presente una squadra di esperti e volontari che spiegherà al grande pubblico, ai pescatori e a tutto il 'popolo del mare' come è possibile preservare uno dei tesori più preziosi del nostro mare.

Si è cominiciato all'oasi del Wwf 'Dune degli Alberoni' nel Lido di Venezia dove, insieme a oltre duecento ragazzi delle scuole, sono stati liberati alcuni esemplari di tartarughe marine. Domenica 19 la festa si sposterà al porto di Molfetta e in una ventina di località costiere disseminate tra Toscana, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Basilicata, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Sul sito ( www.wwf.it ) dell'associazione del Panda è possibile trovare il nuovo video dell'iniziativa e tutti i programmi regione per regione. Infine, sempre on-line, sarà possibile 'adottare' le tartarughe marine, aiutando e sostenendo l'azione del Wwf con una donazione minima, ricevendo un certificato di adozione.

martedì 7 giugno 2011

Pesci pagliaccio a rischio


Il pesce pagliaccio, quello reso famoso dal film 'Alla ricerca di Nemo', potrebbe essere fra quelli più colpiti dall'acidificazione delle acque provocata dall'aumento della CO2 atmosferica. Secondo un articolo pubblicato dalla rivista Biology Letters il pH che si raggiungerà nei prossimi decenni rende infatti questo pesce sordo, impedendogli di percepire i predatori.

L'analisi è stata fatta dai ricercatori dell'università di Bristol, che hanno fatto nuotare un gruppo di pesci pagliaccio giovani in quattro vasche, una con il livello di acidità attuale di 390 ppm e le altre con 600, 700 e 900 ppm, le quantità cioè che si dovrebbero raggiungere in questo secolo. Su un lato della vasca era posto un altoparlante con il rumore prodotto dai tipici predatori della barriera corallina.

Nel primo caso i pesci hanno passato tre quarti del tempo dal lato opposto della vasca rispetto ai 'predatori', mentre negli altri non hanno mostrato preferenze: "Quello che abbiamo fatto è mettere questi pesci nell'ambiente di domani - spiegano i ricercatori - e le conseguenze sono devastanti. Il sistema uditivo dei pesci non è danneggiato, ma non è chiaro cosa provochi il disorientamento, forse qualche effetto sui nervi che stiamo cercando di capire".


Fonte: www.ansa.it

mercoledì 18 maggio 2011

Uova giganti a Portofino


Il mistero della sfera gelatinosa fotografata nel mare di Portofino un anno fa è stato risolto.

Un biologo marino ha scoperto che quella sfera di un metro di diametro è in realtà un uovo di calamaro, secondo alcuni esperti di una specie `aliena´ che non era mai stata avvista prima d’ora in Italia. A risolvere l’arcano è stato il professor Roberto Sandulli, biologo dell’Università Parthenope di Napoli, dopo un analogo avvistamento nelle acque dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella nella penisola sorrentina. L’oggetto non identificato è una grossa teca ovarica di calamaro contenente migliaia di uova.
Nell’agosto 2010 i biologi dell’Area Marina Protetta di Portofino non erano riusciti a riconoscere il misterioso oggetto fotografato da Simone Ulzega, esperto subacqueo, a circa trenta metri di profondità nei pressi della Secca dell’Isuela. Casi simili, dicono gli esperti, sono stati segnalati solo in Norvegia, Nuova Zelanda e Croazia. Mai in Italia. Il professor Sandulli, invece, non ha avuto dubbi nell’affermare che la foto scattata a Portofino ritrae una teca identica a quella fotografata a Punta Campanella.


Fonte: Secolo IXI e www.mondomarino.net

mercoledì 11 maggio 2011

Pesci di acciaio per sorvegliare il Mediterraneo


Una 'mutazione' degli Auv, i veicoli sottomarini autonomi creati dal Nato Undersea Research Centre (Nurc) basato alla Spezia, grazie a 'nasi' e 'orecchie' elettronici potrà dare l'allarme per sversamenti improvvisi di idrocarburi in mare e accertare invasioni di barche e gommoni in aree marine protette. Gli Auv fanno parte del progetto europeo Argomarine (Automatic oil spill recognition ad geopositioning integrated in a Marine monitoring network), finanziato dall'Ue con 3,3 milioni di euro.

In occasione del Mid-Term Steering Committee del progetto, gli scienziati dei nove partner coinvolti (tra i quali il Nurc e, per l'Italia, il Parco nazionale dell'Arcipelago toscano e il Cnr), hanno condotto una sperimentazione congiunta delle tecnologie sviluppate fino ad oggi: sensori acustici e auv che opereranno in sinergia con satelliti, radar e supercomputer. Il primo test in mare è avvenuto stamani, con la simulazione dell'accesso non autorizzato in un'area di interesse ambientale di un gommone potenzialmente in grado di riversare idrocarburi in mare. Test perfettamente riuscito: le 'orecchie' di e-Folaga hanno avvertito la stazione centrale della presenza del gommone.

''Il Nurc e il Parco dell'Arcipelago Toscano collaborano oramai da molti anni su attività di interesse ambientale - ha detto Edoardo Bovio, Nurc business development manager -. Il Centro è orgoglioso dei successi ottenuti dal consorzio Argomarine e della possibilità di poter trasferire in ambito civile tecnologie nate con scopi militari''.

Fonte: www.ansa .it

lunedì 25 aprile 2011

Il "passaparola" dei maschi di megattera

 
I maschi delle balene megattere al largo della costa orientale dell'Australia imparano i canti di corteggiamento per 'passaparola', dopo averli uditi attraverso l'oceano da altre colonie della stessa specie. Lo hanno scoperto ricercatori dell'Universita' del Queensland, secondo i quali si tratta della prima dimostrazione di un rapido trasferimento di cultura a grande distanza fra creature non umane.

Il canto e' un elemento cruciale nei rituali di accoppiamento e ogni anno tutti i maschi di una popolazione adottano lo stesso. Il complesso insieme di grida, gemiti e fischi del loro canto viene registrato dagli studiosi sin dagli anni 1960.

La studiosa ha scoperto una 'fabbrica di canzoni' a est dell'Australia che ne ha prodotte una dopo l'altra nell'arco di 11 anni, adottate da diversi branchi, sempre più a ovest. ''I nostri dati rivelano una trasmissione culturale di vasta scala'', scrive Garland.

''Numerosi canti hanno viaggiato come onde culturali da una popolazione all'altra, inducendo tutti i maschi del branco a passare alla nuova versione''. Vi e' anche l'esempio di un canto registrato attorno al 1990 nell'Oceano Indiano a ovest del continente e ritrovato nel 2001 al largo della Polinesia francese: uno scambio culturale attraverso 10 mila km.

Con l'inizio della migrazione annuale delle balene dai mari antartici verso le acque tropicali a nord, dove le femmine partoriranno, certe strettoie lungo il percorso, come lo stretto di Cook in Nuova Zelanda, daranno alle balene la possibilità di condividere l'ultimo successo della stagione, spiega la studiosa.

Fonte: www.ansa.it e www.mondomarino.net

venerdì 1 aprile 2011

Nello stomaco delle tartarughe



Ogni anno vengono prodotti circa 260 tonnellate di plastica: un’evoluzione significativa rispetto "misera" mezza tonnellata prodotta nel 1950. Nel mondo ogni giorno si distribuiscono circa un miliardo di sacchetti di plastica monouso e fino a 3 su 1000 arrivano all’oceano. Quando questo materiale si trasforma in rifiuti, non essendo biodegradabile, cambia forma e si riduce in pezzi più piccoli spargendosi in tutto il pianeta. Le correnti marine trascinano i piccoli pezzi fino a che la fauna marina non li ingerisce, scambiandoli per meduse o altri tipi di cibo. Tuttavia inghiottire questi detriti può causar loro gravi danni all’apparato digerente, ostruendo l’esofago, lacerando le pareti dell’intestino e conducendo gradualmente questi animali alla morte per fame. Esaminando il contenuto dello stomaco di una giovane tartaruga pescata al largo della Florida sono stati ritrovati 74 oggetti diversi da cibo: tra questi c’erano 4 tipi diversi di gomma per palloncini, diversi tipi di plastica dura , materiale simile alla stoffa per tappeti e due pallottole di catrame. Su 92 tartarughe marine trovate morte sulla spiaggia del Rio Grande do Sul in Brasile, 50 di queste avevano ingerito forti quantità di detriti di plastica. Tuttavia non si tratta solo di tenere sotto controllo le tartarughe: tutta la fauna marina, dal plancton alle balene oggi ingeriscono plastica e, anche in piccole quantità, questo materiale può essere letale.
Il più grande ammasso di detriti di plastica oggi in mare è il North Pacific Gyre, meglio conosciuta come "il grande cerotto di spazzatura": è grande come il Texas e contiene circa 3,5 milioni di detriti, che vanno dai giocattoli ai spazzolini da denti.
Nell’ultimo numero di Marine Turtle Newsletter i biologi Colette Wabnitz, dell’università British Columbia, e Wallace Nichols, della California Academy of Science hanno dichiarato che "gli oceani sono diventati un cassonetto gigante per tutti i tipi di materie plastiche. Tutte le specie di tartarughe marine potrebbero essere seriamente in pericolo". In "Plastic Pollution: An Ocean Emergency" i due professori sostengono che "tutte le ricerche sull’impatto della plastica sull’ambiente oceanico e sulla salute dell’uomo portano a pensare che il problema sia più grave del previsto". Intervenire sulla "cultura dell’usa e getta", studiare l’origine dell’inquinamento da plastica e ripensare tutti gli involucri che oggi impiegano plastica è urgente e necessario. "L'anno scorso ho contato 76 sacchi di plastica in mare in un solo minuto, stando in piedi a prua della nostra barca mentre cercavamo tartarughe marine in Indonesia".
Questi studiosi chiedono ai visitatori di riserve naturali e delle coste citate in questo articolo di ridurre l’inquinamento da materie plastiche, portando con sé sacchetti riutilizzabili e contenitori per alimenti, ed evitando le bevande in bottiglie di plastica.


Fonte: www.yahoo.it e www.seaturtle.com

martedì 15 marzo 2011

La rotta delle tartarughe di mare


Il segreto del modo in cui le tartarughe di mare riescono a compiere traversate oceaniche trovando la giusta rotta, stabilendo correttamente non solo la propria posizione nord-sud, ma anche est-ovest, è stato scoperto da un gruppo di ricercatori che lo illustra in un articolo pubblicato su Current Biology.
"Uno dei grandi misteri del comportamento animale è come questi migratori possano navigare in mare aperto dove non ci sono segnali di riferimento visivi", dice Kenneth Lohmann dell'Università del North Carolina a Chapel Hill.
"La parte più difficile della navigazione in mare aperto è quella di determinare la longitudine, ossia la posizione est-ovest, un problema che ha assillato per secoli i naviganti che viaggiavano su lunghe distanze. Questo studio mostra per la prima volta come lo fa un animale".
Le tartarughe sfruttano piccole variazioni e caratteristiche del campo magnetico lungo la superficie della Terra per determinare la loro posizione, sia in direzione nord-sud sia in quella et-ovest, e trovare così la giusta rotta. Che questi animali, al pari di altri migratori sfruttassero il campo magnetico per stabilire la latitudine era noto, ma che da esso potessero risalire anche alla longitudine è stato una sorpresa.
Il segreto di questa possibilità,osservano i ricercatori, sta nel fatto che esse non fanno riferimento a una sola caratteristica del campo, ma a una combinazione di due: l'angolo con cui le linee del campo intersecano la Terra, o inclinazione, e la sua intensità.
In prossimità dell'equatore, le linee di campo corrono approssimativamente parallele alla superficie terrestre, ma se si viaggia a nord dell'equatore, diventano progressivamente più fitte verso i poli dove sono dirette verso il baso. Inoltre il campo magnetico varia in intensità, essendo in genere più forte vicino ai poli e meno verso l'equatore. Entrambi i parametri variano in maniera molto più consistente da nord a sud che da est a ovest e per questo si riteneva in genere che il campo potesse servire solo per stabilire la latitudine.
"Se è vero che un animale in grado di rilevare solo l'inclinazione o solo l'intensità del campo ben difficilmente potrebbe stabilire la longitudine, la tartaruga marina è in grado di rilevare entrambi. Può quindi estrarre del campo magnetico più informazioni di quanto non sembri", hanno concluso i ricercatori.


Fonte: www.mondomarino.net e le Scienze

martedì 22 febbraio 2011

Anche il Mediterraneo ha il suo reef!


E dopo una notizia negativa.. una buona notizia!
Anche il Mediterraneo ha il suo reef!

La nave da ricerca Nautilus, con imbarcati degli scienziati dell'Università di Haifa, ha scoperto e descritto il primo reef popolato da coralli di profondità del Mediterraneo a circa 15-20 miglia al largo di Tel Aviv e a 700 metri di profondità.
Sembra che l'area si estenda per qualche chilometro.
Questo reef appare come un'oasi in mezzo al deserto visto che i coralli di profondità erano circondati da altre forme di vita come crostacei, echinodermi, pesci ossei e cartilaginei.
Gli scienziati si sono avvalsi dell'utilizzo di un ROV munito di telecamera subacquea e di bracci snodati per prelevare campioni.

Fonte: Subaqua

sabato 5 febbraio 2011

A rischio il "Giardino dei coralli" in Sudan: primo caso di allarme in Mar Rosso


E' allarme per una delle barriere coralline meglio conservate al mondo, quella del Sudan, sul Mar Rosso. Lo 'Sha'ab Suedi', a nord di Porto Sudan, noto come il 'Giardino dei coralli' e' apparso grigio e senza vita, in due reef dei dieci monitorati dalla spedizione dei ricercatori dell''Alma Mater Studiorum' Universita' di Bologna, a bordo di 'Felicidad II', l'imbarcazione di Aurora Branciamore e sede itinerante di Marevivo in Sudan.

''Solo pochi mesi fa, i coralli e gli animali che vivevano in simbiosi nel meraviglioso reef erano in buona salute: nulla faceva presagire - ha commentato la presidente nazionale di Marevivo, Rosalba Giugni - il disastro dovuto all'aumento della temperatura delle acque che fa vittime eccellenti. Lo stato di salute dei coralli desta in noi molta preoccupazione''.

''Nel Mar Rosso finora non c'è mai stato alcun fenomeno di mortalità di massa dei coralli, come invece avvenne alle Maldive nel 1998 quando andarono persi l'80% dei coralli in acque profonde da zero a 30 metri. La morìa osservata è un segnale importante perchè la prima nel Mar Rosso'', ha sottolineato Stefano Goffredo, capo spedizione Ste (Scuba Tourism for the Environment - Turismo Subacqueo per l'ambiente), progetto dell'Università di Bologna. ''L'ultima estate sudanese è stata caratterizzata - ha precisato Goffredo - da un periodo anomalo e prolungato di caldo. Per lo 'sbiancamento' della barriera bastano pochi gradi, 1 o 2, al di sopra della massima media storica dello specchio d'acqua per far morire l'alga simbiotica con cui i coralli si nutrono di giorno. I coralli, infatti, sono animali predatori che di giorno, alla luce, si nutrono tramite la fotosintesi attivata dalle alghe microscopiche al loro interno; mentre di notte estroflettono i tentacoli attorno alla bocca a caccia di gamberetti e piccoli animali che nuotano nel blu, lo zooplancton. Col caldo - ha detto il capo spedizione Ste - il corallo si stressa per il minor apporto energetico delle alghe che muoiono, e a sua volta muore letteralmente di fame''. Se l'anomalia termica è limitata a qualche giorno, il corallo può riprendersi.

''Abbiamo osservato lo sbiancamento del reef in alcune zone costiere della costa settentrionale del Sudan, un paio di siti in particolare, mentre la situazione migliora off-shore'' ha precisato il ricercatore dell'Università di Bologna, ricordando come la comunità scientifica internazionale tenti di sensibilizzare gli organi politici sul grande pericolo rappresentato dai cambiamenti climatici per la sopravvivenza delle barriere coralline di tutto il mondo.

I ricercatori e l’equipaggio del ‘Felicidad II’ hanno anche ripulito Angarosh, mitica isola formata da conchiglie e coralli, togliendo le migliaia di bottiglie di plastica depositate dalle mareggiate e dalle correnti. Al rientro a Port Sudan, la spedizione è stata accolta dal Ministro del Turismo e della Fauna del governo sudanese, Joseph Malwal, che, toccato dalla relazione dei ricercatori, si è dichiarato disponibile a collaborare nel portare avanti progetti di monitoraggio e di azioni anche repressive per la difesa degli squali, patrimonio del Sudan ormai raro nel resto del mondo. Marevivo da anni si batte per la salvaguardia degli squali: l’associazione, facendo parte di ‘Shark Alliance’, ha messo in atto molte attività - sia parlamentari che di divulgazione - su questo tema di particolare urgenza. I grandi predatori del mare sono in pericolo di estinzione: circa 100 milioni di esemplari all’anno vengono catturati per asportare la preziosa pinna (molto ambita nei paesi orientali) e rigettati in mare ancora vivi, una pratica crudele e distruttiva. “Il Sudan ha ancora un mare selvaggio e ricco, bisogna con tutte le forze cercare di proteggere uno degli ultimi Eden del Pianeta Terra – ha concluso Rosalba Giugni al termine dell’incontro con l’importante rappresentante del governo sudanese - Marevivo sarà disponibile a lavorare in collaborazione con l’università e le istituzioni per questo obiettivo”.

Fonte: ansa.it

domenica 30 gennaio 2011

La "musica" del reef


L'attività dei pesci e dei vertebrati di un reef genera un rumore caratteristico che è tanto più intenso quanto più è sano e con alta biodiversità il reef.
Un articolo del "Journal of Experimental Marine Biology and Ecology" approfondisce la natura di questo rumore: i suoni a bassa frequenza danno informazioni sulla diversità dei pesci presenti, mentre la componente ad alta frequenza mostra picchi che dipendono dalla presenza di forme diverse di coralli duri.
I suoni vengono utilizzati dalle larve dei pesci del reef che dopo un periodo di vita planctonica tornano al reef da adulti.

Sarebbe interessante registrare anche i suoni del nostro mare e magari vedere se ci sono differenze (secondo me si) tra i diversi ambienti sommersi mediterranei

Fonte: Subaqua dicembre 2010